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Zoo di Basilea, soppressi due leoncini.
Uccisi due dei quattro cuccioli di leone nati da 43 giorni fa. La direzione: «Non c'è abbastanza spazio»
MILANO: non avevano nè virus nè malformazioni. Erano bellissimi, sembravano peluche. Ma per loro non c'era posto. Sabato lo zoo di Basilea ha annunciato di aver soppresso due dei quattro cuccioli di leone nati 42 giorni fa in quell'ambiente «in tutto simile a una savana », come scrive con orgoglio il sito zoobasel.ch. Il motivo: non c'era abbastanza spazio. Quel paradiso terrestre «a misura di leone» non poteva accogliere troppi nuovi ospiti. I due in eccesso, entrambi maschi, non sarebbero cresciuti «in condizioni naturali». E, appena diventati adulti, dicono gli esperti, avrebbero rischiato di morire brutalmente, uccisi dal capobranco. Così «sono morti dolcemente, senza soffrire». Non avevano nemmeno un nome. O almeno l'amministrazione dello zoo non l'ha comunicato, forse per non far affezionare troppo i visitatori.
Di certo l’11 giugno non si aspettavano così tanti cuccioli da un solo parto. È un fatto raro per una leonessa, almeno in un ambiente naturale. In cattività, invece, la fertilità delle leonesse sta crescendo in modo esponenziale: aumentano le gravidanze, e i parti plurigemellari sono sempre più frequenti. Per questo quando da Basilea hanno chiesto agli altri zoo se ci fosse posto per due cuccioli, si sono sentiti rispondere sempre di no: «Abbiamo lo stesso problema, non sappiamo dove mettere i nostri».
La gabbia dei leoni è uno dei fiori all’occhiello dello zoo svizzero.
Gli animali hanno spazio per correre, per socializzare, per accoppiarsi al riparo dallo sguardo dei visitatori. Anche se la privacy non è totale, visto che quello che succede nelle zone «private » è filmato da telecamere nascoste che trasmettono le immagini in diretta sugli schermi fuori dal recinto. Le ragioni della «terribile decisione di uccidere degli esemplari» è spiegata in un comunicato, anche questo sul sito dello zoo. È tutto un problema di Lebensraum, di «spazio vitale». In più, il comunicato aggiunge un dato statistico: «Anche nella savana i cuccioli di leone nei primi due anni di vita hanno una mortalità molto alta: attorno al 50 per cento».
Impossibile tenere tutti gli animali nello stesso spazio, costringendoli a vivere un po' più stretti. I leoni sono «poligini», in ogni branco c'è un solo maschio adulto. Nella savana, quando i cuccioli maschi diventano autosufficienti se ne vanno per la loro strada. Oppure uccidono il capobranco (o è lui a ucciderli), anche se è il loro stesso padre. Troppo difficile mandare i due cuccioli a crescere in Africa, dove peraltro la specie è in calo preoccupante: l'ambientamento sarebbe stato complesso, e l'operazione sarebbe costata molti soldi. Sbagliata — almeno per la filosofia dello zoo — anche la politica del controllo delle nascite: «L'istinto alla riproduzione non può essere deviato, sarebbe andare contro le leggi della natura». Qui però il problema diventa più complesso. «Non mi sembra che programmare a priori le nascite sia meno legittimo che sopprimere vite a posteriori — commenta l'etologo Danilo Mainardi —. In fondo, vale anche per la nostra specie».
Paolo Beltramin (Corriere della Sera)
23 luglio 2007
E' avvenuto oggi a ValleVegan (c'è anche un'altra foto, solo per i nottambuli)... ----->
E' tornato a trovarci Francisco dal Portogallo ed ha subito immortalato questo evento. Due tartatughe che puntano due ragni.
Subito dopo una tartaruga si è tuffata...
Venidos de distintas partes del mundo, sobre todo de Europa, más de 1000 personas participaron este pasado 5 de julio en el Encierro Humano de Pamplona. Vestidos, en ropa interior o en topless llenaron las calles de Pamplona de una unánime reivindicación de: no a las corridas de toros. Ninguna otra actividad en defensa de los derechos de los animales consigue tanta repercusión mediática en nuestro país. A través de decenas de periódicos, radios o cadenas de televisión millones de personas han podido saber que los Sanfermines, además de una fiesta son un asesinato. Y por este motivo estuvimos allí.
En la tarde del 4 de julio, la mayor parte de los participantes ya estaban conviviendo en el camping. Esto permitió conseguir otro objetivo muy importante: la comunicación entre personas de organizaciones y países distintos. En un movimiento como el de defensa de los animales tan reciente y joven la necesidad de conocer otras experiencias y puntos de vista se convierte en una aportación muy valiosa para que todos podamos mejorar. La convivencia, el diálogo y el debate espontáneo entre animalistas franceses, italianos, norteamericanos, portugueses, croatas, alemanes, ingleses y de diferentes comunidades del estado español supone un valor añadido a la actividad. Permite que aprendamos de los errores y de los aciertos ajenos. Se hizo evidente que la preocupación por los animales iba más allá de las corridas de toros. Activistas preocupados por la vivisección, la peletería, los animales en las granjas, los zoos, los circos, los abandonos,… dialogaban y comparaban posturas, acciones y repercusión de las mismas. Estábamos ante un encuentro animalista improvisado.
Tres horas antes del comienzo de la manifestación empezamos a llegar los primeros activistas a la zona de salida. Varias patrullas de la policía local comenzaron entonces a ejecutar el trabajo sucio ordenado por la alcaldesa de Pamplona: dificultar en todo lo posible. Primero impidieron a un grupo de música venido desde Alemania que situaran en la calle sus instrumentos. Después exigieron a Equanimal la retirada de las botellas de helio con las que nos disponíamos a hinchar los globos que habíamos preparado para el acto. Retiradas las botellas de la calle buscaron una nueva excusa, amparados en un teórico bando municipal, nos transmitieron la absurda orden de que no podíamos tener globos llenos de helio.
Mientras conseguíamos el bando municipal, desobedeciendo a las órdenes policiales, seguimos preparando nuestras pancartas y globos. Asesorados por la compañía propietaria de las botellas y comprobado que el bando no prohibía el helio, el cabo de la policía local hubo de admitir la falsedad de sus argumentos. En todo el proceso fuimos varias veces amenazados con la retirada de la cámara fotográfica si sacábamos fotos de la Policía.
Pero ni esas trabas ni las muchas otras que el ayuntamiento, como embajador de los intereses económicos del mundo taurino impidieron que la actividad fuera adelante. Decenas de miembros de la Policía Nacional y Local acompañaron a los manifestantes en todo el recorrido. Pero al igual que hace unas semanas en la multitudinaria manifestación de Barcelona no se produjo ningún incidente y se dio una perfecta armonía entre el ambiente reivindicativo y el festivo lo que animó enormemente a los participantes. Durante todo el recorrido no cesó de cantarse el lema “Toros sí, toreros no”. Ese fue el lema más repetido pero no faltaron consignas como “Derechos ya para los animales” o “La tortura no es arte ni cultura”. La animación con música y el dinamismo del grupo hizo más agradable y soportable aguantar el calor del mediodía en Pamplona y algunas recriminaciones e insultos de los aquellos que ven atacado un elemento que consideran fundamental de sus fiestas: los toros. Al fin, después de más de una hora de recorrido llegamos a la Plaza de toros de Pamplona.
El trabajo antitaurino en nuestro país tiene por delante una difícil tarea pero será la colaboración de todas las personas y organizaciones defensoras de los animales lo que conviertan a las corridas en una imagen del pasado. Sin esa unión, el mundo taurino seguirá cosechando victorias y aprovechará cualquier grieta que encuentre en nosotros para conseguir lo que se proponen: perpetuar la tortura. Del lado antitaurino se hace necesaria una permanente colaboración. Los que se enriquecen a costa de los animales no dudan en mover todos sus recursos para impedirnos prosperar. En Pamplona emplean a la Policía, las trabas administrativas y un sinfín de dificultades más. O con los animales o contra ellos, no hay postura intermedia. Debemos estar a la altura de las circunstancias. Los animales no nos perdonarían otra actitud.
Si quieres ver la web sobre este tema con fotos, video, repercusión mediática y otra información pincha aqui.
Lupis e Daniela.
Vivono a ValleVegan...
Sono tutte e due timidissime, ma se una in particolare vedesse questa foto notturna messa in home page...
Chi è più carina?
Ciao, sono vegetariana e mi chiamo GoVeg.com
Karin Robertson, 23enne americana, ha cambiato il suo nome in quello di un sito web dedicato a chi non mangia carne.
NEW YORK - C'è chi sceglie come nome d'arte Mark Twain, chi Sofia Loren e chi GoVeg.com. Le follie della New Economy sono alle spalle, ma per Karin Robertson, un'attivista per i diritti degli animali di Norfolk, Virginia, cambiare il suo nome di battesimo in quello di un dominio Internet è sembrato un atto dovuto. Lo ha fatto, racconta all'agenzia Ap, per costringere le persone a parlare di vegetarianesimo e diritti degli animali ogni volta che tira fuori un documento. La ex Karin si è recata alla locale anagrafe e ha ottenuto il cambio del nome anche legalmente.
«NIENTE DIMINUTIVI» - Ora si chiama GoVeg.com e non provate a chiamarla «Veg» o «Dot» (il «punto» che sta prima di «com»): «Mi piace il nome intero, tutto di fila», dice questa 23enne fresca di laurea e ora educatrice per la Peta, nota organizzazione animalista. «La gente è davvero stupita. Pensa sempre che tu stia scherzando». Ma lo stratagemma per promuovere la sua crociata funziona: «Ogni volta che vado in banca, i cassieri mi raccontano qualcosa dei cibi vegetariani che hanno provato». Insomma, Karin sta pian piano vincendo la sfida, e forse potrebbe inaugurare una nuova moda. Ma per la mamma, «resterà sempre Karin. Anche se penso che abbia avuto una buona ragione per fare quello che ha fatto».
(Corriere della Sera 1 agosto 2003).
La signora Stefania da anni gestisce un canile privato nel comune di Grottaferrata (Roma), che ospita piu' di 50 cani e piu' di 20 gatti, oltre ad altri animali salvati dal macello o simili.
Anni fa, in seguito a denunce di un vicino, l'ASL locale ha richiesto alla signora di regolarizzare la struttura costruendo un impianto di spurgo per le deiezioni.
Il Comune diede il permesso e un architetto si mise al lavoro, ma ci mise troppo tempo e presento' il progetto quando la giunta era nel frattempo cambiata, e quella nuova non diede piu' i permessi per la costruzione dell'impianto.
Cosi' inizio' una sorta di "guerra" tra il Comune e il canile. Nel rifugio gli animali erano trattati con amore e le strutture erano ben costruite, con ampi spazi, i cani sono sempre stati nutriti, curati e tenuti benissimo.
La situazione di non regolarita' e' poi andata avanti negli anni senza che nessuno intervenisse per dare la possibilita' alla signora Stefania di regolarizzare il rifugio. In seguito poi a varie interferenze negative, da parte di una funzionaria del Comune e di una veterinaria non proprio animalista, siamo ora nella situazione in cui i cani sono stati sequestrati, con la forza e la prevaricazione, pochi giorni fa, il 13 luglio 2007.
L'appello di Lorenzo, volontario del canile che ha segnalato questa situazione e' questo: Io ho assistito a tutta la scena e vi assicuro che e' stato terribile, uno spiegamento di forze dell'ordine esagerato ed un trattamento violento e con poco rispetto per una signora sola, con due bimbi piccoli.
Hanno circondato Stefania e attaccata da tutti i lati nemmeno fosse una terrorista o una criminale incallita!!! DOBBIAMO FARE QUALCOSA!!!
Ma siamo soli, non abbiamo appoggi o conoscenze e siamo rimasti anche senza avvocato! E ora sono a rischio anche gli altri animali: 2 maialine, un ariete, una agnellina, una capretta e due bufaletti!!! AIUTATECI!!! DATECI TUTTO L'APPOGGIO DI CUI SIETE IN GRADO!
Contattateci per fornirci aiuti, consigli, nominativi utili o anche solo per una chiamata di conforto... la signora Stefania e' a pezzi!!!
Togliendole i cani gli hanno tolto la vita!!! Cio' di cui abbiamo immediato bisogno e':
- Un avvocato combattivo, possibilmente animalista o che appoggi con fervore cause di questo tipo.
- Persone, rifugi, strutture che possano prendere da loro qualche cane... anche uno solo!
Magari anche temporaneamente... siamo disposti anche ad intestarli a nostro nome ma ci serve un posto dove tenerli!
- Una grossa protesta via mail verso gli indirizzi che indichiamo piu' oltre.
Non chiediamo soldi, perche' non lo abbiamo mai fatto... quello che vogliamo e' tirar fuori i cani e non darla vinta alle istituzioni!
CONTATTI E INFO:
Stefania 392 0138337
Per la protesta, scriviamo al sindaco, ai vari assessori, e alla veterinaria sopra citata: Sindaco@comune.grottaferrata.roma.it,
Ass.bilancio@comune.grottaferrata.roma.it,
Ass.urbanistica@comune.grottaferrata.roma.it,
Ass.llpp@comune.grottaferrata.roma.it,
Ass.cultura@comune.grottaferrata.roma.it,
Ass.commercio@comune.grottaferrata.roma.it,
Ass.sanita@comune.grottaferrata.roma.it,
Pre.consiglio.comunale@comune.grottaferrata.roma.it,
Seg.generale@comune.grottaferrata.roma.it,
Res.urbanistica@comune.grottaferrata.roma.it,
Res.llpp@comune.grottaferrata.roma.it,
Res.progettazione@comune.grottaferrata.roma.it,
Res.socioculturale@comune.grottaferrata.roma.it,
carladebenedictis@interfee.it
NB: se qualcuno di questi indirizzi vi "risputa" indietro un messaggio di errore, non vi preoccupate, significa solo che quella mailbox e' piena (di proteste...)!
Per favore, scrivete un messaggio di vostro pugno, senza insulti e offese, chiedendo che la signora Stefania venga aiutata e non tormentata, e che le restituiscano i suoi cani e la aiutino a regolarizzare il rifugio anziche' creare problemi e basta...
Per maggiori informazioni: http://animal-generation.blogspot.com
di Silvia Fiumarola -La Repubblica-
"Prima regola del marketing, non uccidere il cliente". Partendo da questo principio pratico, Don Henderson (Greg Kinnear), executive manager della Mickey's Food Restaurants, popolare catena di fast food, lascia il suo ufficio per capire cosa succede in California, negli stabilimenti dove si produce il suo hamburger. Nella carne sono capitate sostanze tossiche: per la precisione, feci. È un viaggio nell'orrore e nel potere delle industrie alimentari Fast food nation il film del regista indipendente Richard Linklater, tratto dal libro inchiesta di Eric Schlosser, dal 20 nelle sale.
Presentato in concorso a Cannes nel 2006, dove suscitò grandi dibattiti, è interpretato da un cast di attori (Bruce Willis, Patricia Arquette, Ethan Hawke la reginetta del pop Avril Lavigne, Greg Kinnear, Catalina Sandino Moreno), schierati contro un sistema che seduce i giovani e procura guai alla salute. "Bisogna guardare in faccia la realtà, ci fanno mangiare la merda" dice uno dei protagonisti del film.
Un viaggio nelle industrie mattatoio, altra faccia dell'America senza scrupoli, in cui la carne da macello è anche quella dei messicani clandestini (teorizzano i manager: "Guadagnano qui in un giorno quello che in Messico guadagnerebbero in un mese)" sfruttati nelle aziende che forniscono carne ai fast food. Ma non c'è riscatto: i giovani americani decisi a cambiare le cose sono rivoluzionari velleitari che coltivano ideali senza rischi, come quello di spalancare le porte dei macelli a patto che il gesto non venga considerato, però, atto terroristico. Henderson scoprirà che le feci possono finire in un hamburger "perché è un incidente di percorso quando gli intestini degli animali non vengono liberati bene dalle carcasse". Linklater ha raccontato più volte che "le industrie Usa dei fast food sono intervenute a vari livelli contro il film. Volevano controllare le immagini che stavamo girando. Non erano contente".
Ma a differenza di Michael Moore o di Morgan Spurlock, autore di Super size me, altro durissimo atto d'accusa contro i fast food, non ha scelto la strada del documentario: "Quando ho incontrato Schlosser gli ho chiesto se pensasse a un documentario. Mi ha raccontato le storie di persone che vivono in quel mondo, così abbiamo immaginato una fiction". Come tanti film d'autore, da America oggi a Magnolia, anche Fast food nation è costruito con le storie che s'intrecciano. Il finale fa passare la voglia di mangiare carne anche al più fanatico dei carnivori: le scene terribili, delle uccisioni di centinaia di buoi terrorizzati, non si dimenticano.
"Fast Food Nation negli Stati Uniti è stato il primo libro a parlare di certi temi" spiega Schlosser "oggi molti possono vedere la realtà dell'industria dei fast food in un altro modo". "Il fast food" osserva Linklater "è un sistema interessante dal punto di vista socio economico culturale, ma anche antropologico.
L'imballaggio industriale e il lavoro che c'è intorno mi affascinava.
Ma ho girato il film soprattutto per scoprire cosa c'è dietro". (16 luglio 2007)
http://www.repubblica.it/2007/07/sezioni/spettacoli_e_cultura/fast-food-nation/fast-food-nation/fast-food-nation.html
Un 150mo di una pelliccia!
...altra foto --->
Lui invece è in semi-libertà a ValleVegan e si chiama Salvatore.
Vive con tre Porcellini d'India.
Si fa i bagni di sabbia, se vuole può scavare, rosicchia noci che cadono direttamente dagli alberi, è rispettato dai gatti. Ed è vegano.
(...solito regalino per i nottambuli...che non stanno guardando le stelle...)
Roma, trovato un gatto mutilato da una tagliola. Il piccolo felino, che era in un garage condominiale nel quartiere Trionfale, a prima vista appariva come fosse dotato di protesi alle zampe anteriori per l’atipico modo di muoversi. A un controllo più accurato, è risultato evidente che l’animale si poggiava su due moncherini. Portato di urgenza all’ospedale veterinario della Ausl RM/D, dove è stato visitato dai veterinari rimasti esterrefatti, l’animale ha dato prova di una grande capacità di recupero. Le lesioni sono state evidentemente causate molto probabilmente da una tagliola che ha amputato di netto le zampe anteriori, ma il gatto è fortunosamente riuscito a cavarsela nonostante il trauma fortissimo subito.
Claudio Locuratolo ha dichiarato: “Dopo lo sconcerto per la scoperta di una crudeltà di questa portata, ingiustificabile e orribile, ci si chiede come sia possibile l’uso di uno strumento così pericoloso oltre che illegale – deprecabile sempre e comunque – anche in un centro abitato, dove il rischio non è solo per gli animali, ma anche per le persone, in particolare per i bambini”. Le Guardie zoofile stanno continuando le indagini in questi giorni, per tentare di individuare il responsabile che ha predisposto la tagliola; in base all'articolo 544 ter del Codice penale rischia fino ad un anno di reclusione e 15.000 euro di multa. Ovviamente il gatto, che è un maschio di colore rosso, già sterilizzato e buonissimo, non può rimanere in strada; per ora è stato affidato alle cure dei volontari del Canile Comunale.
Vi incollo la recensione dell'horror movie che uscirà presto anche in Italia...
"Protagoniste di Black Sheep, lo dice il titolo inequivocabile, le pecore, in voce e corpo. Pecore bianche ma nerissime nell’anima, che un esperimento genetico trasforma in massa assassina, mannara, zombie all’attacco degli umani a loro volta mutanti in una nuova specie. Colpevole, l’avidità di qualche scienziato e speculatore terriero che vorrebbe rendere quelle magnifiche lande verdi spazi appetibili a clienti stranieri, soprattutto asiatici. Alla base - nel prologo che mette in campo il presagio, l’attesa di un evento tragico che dovrà poi attendere quindici anni, ovvero il tempo di una didascalia, per manifestarsi in tutta la sua follia - c’è una tragedia che ha colpito, in una fattoria nella campagna neozelandese, la famiglia di Henry, rimasto da quel momento traumatizzato dalle pecore. Una vera e propria fobia.
Le pecore sono ovunque, presenza che invade le inquadrature: con un belato premonitore, in transito nelle valli, uccise per destinazioni domestiche culinarie, usate le loro pelli e carcasse come trofei alle pareti o come abito per giochi spaventosi dai due fratelli adolescenti… Poche scene, depistanti, per introdurre la tensione horror, e nulla in confronto all’uso sadico che ne faranno i due scienziati: scuoiate, sventrate e lasciate ancora in vita, appese a travi e innestate con ogni sorta di fili al fine di generare una nuova forma di super-pecora geneticamente modificata… E che Henry, rientrato al villaggio per regolare i conti con il fratello cinico (è lui il responsabile di tutta l’operazione), dovrà affrontare, insieme a una giovane attivista ecologica, a un guardiano del posto e a un’anziana e deliziosa vecchietta la cui vita è stata anche per lei segnata dalla presenza di quegli animali…"
Ora, che sia giusto ribaltare finalmente i ruoli non lo mettiamo in dubbio, anche se a ValleVegan il ribaltamento dei ruoli lascerebbe intatte le cose; insomma, vedere carnivori sbranati da pecore ci fa sorridere un pò tutti! Il punto è che, nonostante il film tratti in primis il tema degli esperimenti genetici e dei tragici errori che potrebbero susseguirne, il suddetto potrebbe, a livello inconscio, scatenare una specie di intolleranza verso questi splendidi ovini, che oltretutto, in Nuova Zelanda ed Australia, sono già stati privati dei propri "diritti naturali"(NB), sfruttate e torturate per il commercio della lana merinos. Non vorrei però dare ulteriori giudizi prima di aver visto il film, che per ora è disponibile solo in lingua inglese. Vi allego comunque il sito ufficiale del film ( http://www.blacksheep-themovie.com/) e il video (per stomaci forti) presente su Youtube sulla pratica usata per produrre lana merinos ( http://www.youtube.com/watch?v=gR-x1-xEg0U )
Da http://www.sentieriselvaggi.it/articolo.asp?sez0=3&sez1=33&art=22107
VIETATI ALLA CACCIA 14 VALICHI MONTANI
COMUNICATO STAMPA
Milano - Brescia 9 luglio 2007
Con una importantissima decisione il Tribunale Amministrativo Regionale di Brescia ha accolto un ricorso presentato dalla Lega per l'Abolizione della Caccia contro l'Amministrazione Provinciale di Brescia per ottenere l'annullamento del silenzio creatosi dopo che l'associazione aveva richiesto l'inserimento di alcuni valichi montani tra le zone vietate alla caccia (in poche parole, la Provincia non aveva risposto adeguatamente).
La LAC aveva infatti rilevato che le zone protette dalla Provincia non corrispondevano a quelle piu' importanti per i flussi migratori, che devono essere tutelate secondo il dettame della legge nazionale sulla caccia e della Direttiva comunitaria sulla protezione degli uccelli selvatici.
Gli ambientalisti, difesi dagli Avvocati Claudio Linzola del Foro di Milano e Luisella Savoldi del Foro di Brescia, hanno convinto i giudici che le norme a difesa della fauna e dell'ambiente possono e devono essere interpretate in modo dinamico, e adattate alle situazioni che si creano
dopo l'emergere di nuovi dati scientfici.
In questo caso, dichiara Graziella Zavalloni, delegata regionale LAC, il TAR ha riconosciuto la titolarita' della LAC, in quanto associazione riconosciuta dal Governo e portatrice di interessi diffusi, a proporre
la revisione delle zone di particolare importanza per le rotte migratorie
alla luce di dati e studi recenti e adeguatamente prodotti.
La Provincia invece si e' celata dietro retrive considerazioni
legali, spazzate via dal Tribunale, sull'impossiblita' a rivedere norme
ormai codificate, e dichiarazioni "svianti" come la preoccupazione
di una eccessiva riduzione delle zone di caccia in montagna, il che non e'
certo nell'interesse generale, ma solo in quello della particolare
minoranza, i cacciatori, a cui l'assessorato Caccia locale si rivolge
preferibilmente, in un'ottica clientelare e demagogica.
Invece, recita la sentenza: "Sulla base degli elementi forniti
dalla LAC la Provincia era tenuta a iniziare il procedimento di revisione del piano
faunistico venatorio provinciale. Questo atteggiamento negativo deve
essere qualificato come silenzio rispetto a un'istanza qualificata e
dunque appare corretta la proposizione di un ricorso".
Di conseguenza, il TAR ha dato alla Provincia un mese di tempo per
iniziare un itinerario normativo che dovra' comunque concludersi entro
l'inizio della stagione di caccia (16 settembre) con la inequivoca messa al bando
dell'attivita' venatoria dalle zone montane particolarmente
interessate dai flussi migratori.
La sentenza puo' essere richiesta alla
LAC - Via Solari 40
20144 Milano
tel. 0247711806
www.abolizionecaccia.it
E peggio dell'azione è la giustificazione utilizzata da questo personaggio alquanto discutibile...(eufemismo). Che il mondo dell'ippica, tra sfruttamento animale, utilizzo di doping a danno dei cavalli, vendette e faide tra scuderie (con tanto di cavalli avvelenati e tendini degli animali recisi con rasoi) fose marcio già si sapeva. Ma vuoi vedere che assurdità come quelle più sotto aiutino a svelare il vero volto di questo 'sport' che è ben diverso da quello di Febbre da Cavallo, Montesano e Proietti...
http://www.tgcom.mediaset.it/sport/articoli/articolo369511.shtml
Ippica: stop a Dettori per frustate Ha colpito 25 volte Ramonti in 500 m Brutto colpo per il fantino Frankie Dattori: è stato sospeso per 14 giorni per aver usato troppo la frusta.
Il 19 giugno scorso, infatti, al Royal Ascot, ha inferto ben 25 frustate al cavallo Ramonti negli ultimi 500 metri di corsa. Si tratta di un numero di colpi che supera di tre volte la media consentita nell'arco dell'intera corsa. "Quella corsa era troppo importante - ha detto l'italiano - gliene avrei date anche 30".
Brutto colpo per Frankie Dettori, il 36enne fantino italiano che il 19 giugno scorso ha trionfato alla Queen Anne Stakes che si corre al Royal Ascot. Ha vinto, ma ricorrendo a qualche frustata di troppo, ben 25 in 500 metri un'esagerazione. Secondo il regolamento europeo, non sono consentiti più di sette colpi in Italia, Inghilterra e Germania. Non più di 10 in Francia mentre in Giappone e Stati Uniti l'uso della frusta è libero. Inoltre il fantino ha anche alzato più volte il braccio ben oltre il previsto limite della spalla, infliggendo colpi in teoria troppo violenti.
Dettori, che così dovrà stare fermo per 14 giorni dal 13 al 26 luglio, si è scusato ma ha anche precisato che il cavallo Ramonti è esperto e non ha risentito dell'uso della frusta che gli è servita solo per migliorarne la prestazione.
"Ho sbagliato ma è anche vero che quella corsa era troppo importante - ha spiegato il fantino. - Per vincerla gliene avrei date anche una trentina. Non è giusto ma sarei un ipocrita se non lo ammettessi".L'unica nota positiva è che in queste due settimane di sosta non sarà costretto a perdere ingaggi fondamentali.
Schhhhhhhhhh!
Tartarughe di Valle. Foto rara.
Gli ideatori: è stata un'idea spontanea, non incitiamo alla violenza
«Uccidi Knut», in rete il gioco anti-orsetto
Prende piede in rete un videogame con il piccolo plantigrado nella veste di bersaglio. «Si parla troppo di lui, facciamogliela pagare»
BERLINO (Germania) - Il successo provoca invidia e quello dell'orsetto Knut deve avere ispirato, in negativo, gli autori di un nuovo videogame che sta prendendo piede in rete. Si chiama «Kill Knut» e il nome svela già lo scopo del gioco: prendere la mira e sparare all'indifeso orsetto bianco, che nei giorni scorsi aveva ricevuto vere minacce di morte, tanto da indurre i responsabili dello zoo di Berlino, dove è nato lo scorso dicembre e dove tutt'ora vive, ad assegnargli una vera e propria scorta di guardiani.
TIRO A SEGNO SUL PACK - Il videogame è davvero impietoso e invita ad abbattere quanti più Knut sia possibile. Con limitata fantasia gli inventori del giochino hanno pensato infatti di proporre ai naviganti il classico spara spara con il mouse al posto del fucile: i bersagli sono tanti piccoli plantigradi che scorrono da una parte all'altra dello schermo sullo sfondo di un pack ghiacciato.
«FATEGLIELA PAGARE» - Il giochino, apparso a fine marzo su un sito Internet tedesco, è stato visto da quasi 30 mila cyberutenti. «Knut viene citato senza sosta alla radio e alla tv e ormai snerva telespettatori e ascoltatori - si legge sull’homepage di presentazione -: su questa pagina avete la possibilità di fargliela pagare: provate a colpire quanti più Knut potete».
LA TOP 50 DEI CYBERKILLER - Il gioco è costruito in modo elementare: piccole sagome del cucciolo di orso si muovono senza sosta, sotto il bersaglio del giocatore. La partita termina non appena il player si lascia scappare 10 orsetti. Chi colpisce più Knut entra nella speciale classifica dei migliori 50 «killer di orsi». Il record, al momento, è quello raggiunto da un certo Andi nella giornata del 25 aprile: ha totalizzato 38.400 punti. Che a 300 punti per ogni capo abbattuto, fa la bellezza di 128 orsetti uccisi.
«NON INCITIAMO A VIOLENZA» - Gli autori dell'iniziativa ci tengono comunque a precisare: «Il gioco è nato come idea spontanea, nessuno di noi torturerebbe o ucciderebbe un animale» e «non vogliamo incitare» a farlo. Anzi, aggiungono, «come punizione per i molti Knut uccisi dovete andare almeno una volta a settimana allo zoo di Berlino e dare da mangiare ai teneri orsi bianchi».
(Corriere della Sera 25 aprile 2007)
Capito? Loro non vogliono incitare alla violenza su un essere indifeso che dovrà passare il resto dei suoi giorni dentro un maledetto zoo, ti danno solo la possibilità di eliminarlo virtualmente, ma che carini! Ma perchè non li ricoverano in un centro di igiene mentale questi geni dell'informatica?
Claudia