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"L'impero dell'hamburger intossica gli stati uniti"
Pubblicato da monica il 16/07/2007 alle 15:09:05, in Notizie sparse, letto 1194 volte

 

    di Silvia Fiumarola  -La Repubblica-                                                                              

                                                                                    "Prima regola del marketing, non uccidere il cliente". Partendo da questo principio pratico, Don Henderson (Greg Kinnear), executive manager della Mickey's Food Restaurants, popolare catena di fast food, lascia il suo ufficio per capire cosa succede in California, negli stabilimenti dove si produce il suo hamburger. Nella carne sono capitate sostanze tossiche: per la precisione, feci. È un viaggio nell'orrore e nel potere delle industrie alimentari Fast food nation il film del regista indipendente Richard Linklater, tratto dal libro inchiesta di Eric Schlosser, dal 20 nelle sale.
Presentato in concorso a Cannes nel 2006, dove suscitò grandi dibattiti, è interpretato da un cast di attori (Bruce Willis, Patricia Arquette, Ethan Hawke la reginetta del pop Avril Lavigne, Greg Kinnear, Catalina Sandino Moreno), schierati contro un sistema che seduce i giovani e procura guai alla salute. "Bisogna guardare in faccia la realtà, ci fanno mangiare la merda" dice uno dei protagonisti del film.
Un viaggio nelle industrie mattatoio, altra faccia dell'America senza scrupoli, in cui la carne da macello è anche quella dei messicani clandestini (teorizzano i manager: "Guadagnano qui in un giorno quello che in Messico guadagnerebbero in un mese)" sfruttati nelle aziende che forniscono carne ai fast food. Ma non c'è riscatto: i giovani americani decisi a cambiare le cose sono rivoluzionari velleitari che coltivano ideali senza rischi, come quello di spalancare le porte dei macelli a patto che il gesto non venga considerato, però, atto terroristico. Henderson scoprirà che le feci possono finire in un hamburger "perché è un incidente di percorso quando gli intestini degli animali non vengono liberati bene dalle carcasse". Linklater ha raccontato più volte che "le industrie Usa dei fast food sono intervenute a vari livelli contro il film. Volevano controllare le immagini che stavamo girando. Non erano contente".
Ma a differenza di Michael Moore o di Morgan Spurlock, autore di Super size me, altro durissimo atto d'accusa contro i fast food, non ha scelto la strada del documentario: "Quando ho incontrato Schlosser gli ho chiesto se pensasse a un documentario. Mi ha raccontato le storie di persone che vivono in quel mondo, così abbiamo immaginato una fiction". Come tanti film d'autore, da America oggi a Magnolia, anche Fast food nation è costruito con le storie che s'intrecciano. Il finale fa passare la voglia di mangiare carne anche al più fanatico dei carnivori: le scene terribili, delle uccisioni di centinaia di buoi terrorizzati, non si dimenticano.
"Fast Food Nation negli Stati Uniti è stato il primo libro a parlare di certi temi" spiega Schlosser "oggi molti possono vedere la realtà dell'industria dei fast food in un altro modo". "Il fast food" osserva Linklater "è un sistema interessante dal punto di vista socio economico culturale, ma anche antropologico.
L'imballaggio industriale e il lavoro che c'è intorno mi affascinava.
Ma ho girato il film soprattutto per scoprire cosa c'è dietro". (16 luglio 2007)

http://www.repubblica.it/2007/07/sezioni/spettacoli_e_cultura/fast-food-nation/fast-food-nation/fast-food-nation.html